Abbiamo imparato che la felicità è uno stato momentaneo. Prima o poi, i rapporti umani si deteriorano, la sveglia mattutina ci riporta alla costrizione quotidiana, le delusioni lasciano le loro dolorose ferite. E la felicità svanisce.
Abbiamo imparato che l’amore è un piacere effimero. Prima o poi, il cuore non corre più all’impazzata, l’incantesimo degli sguardi si spezza, il desiderio si affievolisce. E l’amore finisce.
Abbiamo imparato che la fiducia è una scelta revocabile. Prima o poi, le promesse non vengono mantenute, i programmi non vengono rispettati, le menzogne vengono a galla. E la fiducia se ne va.
Abbiamo imparato che la pace è un valore incerto. Prima o poi, un manifestante viene abbattuto in piazza, un pendolare viene dilaniato su un treno, un civile viene bombardato in casa. E la pace è cessata.
Abbiamo imparato che il lavoro è un’occupazione temporanea. Prima o poi, la tecnologia viene rinnovata, il settore diventa saturo, il mercato entra in crisi. E il lavoro è terminato.
Abbiamo imparato che tutta la nostra vita è transitoria e precaria. Non possiamo scegliere noi le immagini che ci sfrecciano davanti al finestrino, né chi ci siede accanto. Quel che capita, capita; inutile protestare, per di più ci è vietato rivolgere la parola all’autista. Ecco perché nulla di quanto accade sembra toccarci. Se i passeggeri di un mezzo pubblico assistono muti e immobili ad un’aggressione, i passeggeri della vita assistono muti e immobili ad ogni sopruso. Anziché spronarci a realizzare qui ed ora i nostri desideri, in fretta prima che sia troppo tardi, la caducità della vita ci ha reso ciechi, insensibili, rassegnati.
Così, non ci stupiamo nemmeno nell’apprendere che la libertà è una condizione provvisoria. Anche la libertà, certo. Ciò che un tempo costituiva la ragione principale per cui vivere, battersi e morire, oggi ha assunto le sembianze di un privilegio indispensabile ai pochi, superfluo ai più. Prima o poi, può capitare a tutti di parlare, amare, protestare, vivere senza chiedere permesso a chi di dovere. E la libertà finisce. Almeno per chi, stanco di fare lo spettatore di passaggio, vuole scendere a tutti i costi dalla macchina sociale lanciata in una corsa che non lo riguarda. Per chi insomma si ostina a pensare che la libertà sia ancora la ragione principale per cui vivere e battersi.
A tutti gli altri auguriamo buon viaggio. E non dimenticate di timbrare il biglietto.
[8/5/11]